“Laura si distese su un pagliericcio, vestita e con le scarpe, e si tirò la coperta sulle spalle. Fuori c’era il freddo, la tempesta, la neve. Nessun brigante avrebbe sfidato quel maltempo. Nessuna strega. Lei era al caldo e al sicuro, abbastanza vicina al fuoco da sentire il calore delle fiamme accarezzarle il viso. Il mormorio dei viaggiatori pian piano si spense nel silenzio, finché rimasero solo la voce di Berardo e il canto della ghironda.

Devant de ma fenestro ià un auzeloun

touto la nuech chanto, chanto sa chansoun

se chanto, que chante, chanto pa per iou

chanto per ma ‘mio qu’es da luenh de iou “

(La Città delle Streghe)

La musica è una potentissima forma di ispirazione per il mio scrivere. “La Città delle Streghe” è accompagnato da una vera e propria colonna sonora, con una citazione diretta all’interno della storia. Si tratta di una ballata tradizionale occitana cantata dal capocarovana Berardo durante la sosta nel rifugio di Col di Tenda. Un momento che, i lettori già sanno, per la protagonista Laura è foriero di pensieri molto tristi e profondi.

Una curiosità: il brano, inizialmente, non era scritto così. La fortuna mi hanno portato a parlare proprio con i Lou Dalfin, lo storico gruppo di musica occitana di cui sono fan da almeno vent’anni, che mi hanno aiutato nella ricerca di una canzone che fosse già nota alla fine del Seicento.

Potete immaginare la mia emozione quando ho incontarto dal vivo la fonte di ispirazione per uno dei miei personaggi. Nella foto sono con Sergio Berardo, storico leader dei Lou Dalfin e promotore di cultura occitana. E, al contempo, sono con Berardo, l’intrepido montanaro, il capocarovana che accompagna Laura e la sua famiglia da Nizza a Torino. Mi unisco alla voce di entrambi ed esclamo: “evviva la nazione occitana!”

A questo punto lascio spazio alla musica e vi invito ad ascoltare la ballata presente nella Città delle Streghe, il commovente “se chanto