Le settimane trascorrono ed è ormai trascorso un mese dalla fine dell’assedio, ma nella Torino del 1706 c’è tanto da fare e tanto da… ringraziare.

Il 24 settembre il marchese di Caraglio, comandante di Torino, ordina di usare il legname abbandonato dal nemico per riparare le fortificazioni danneggiate:

 “[…] ordina di riparar con tutta diligenza le fortificazioni demolite dall’inimico, per qual riparatione vi resta necessario un’infinità di boscami; perciò […] prohibiamo a chi si sia, nissuno eccettuato, di transportar, vender, né contrattar alcuna sorte de’ boscami al piè di queste descritte lasciati dall’inimico nel finaggio della presente città o altrove; sotto pena di scuti cinquanta d’oro applicabili al fisco di S.A.R. oltre la perdita delle vitture sopra le quali si troverà d’essi boscami caricati e d’un tratto di corda a chi non haverà di che pagar detta somma in contanti”

Il 29 settembre nella riunione della Congregazione il Sindaco Nomis di Valfenera propone nuovamente (dopo avere già accennato all’esigenza di un provvedimento simile nella seduta del 20 settembre) “d’elleggere la Santissima Vergine Maria per particolare Avvocata, e Protettrice di questo pubblico, e di ordinare, e stabilire qualche divotione pubblica annua perpetua nel giorno della sua natività, et in quello della sua vigilia, cominciando dall’anno venturo […]”.

La venerazione del sindaco per la Beata Vergine non è un caso unico nella Torino settecentesca. Il culto della Madonna della Consolata è diffusissimo, e si è addirittura rafforzato in questi momenti difficili.

Ancora il sindaco ritiene opportuno che tutta la cittadinanza dia segno della sua devozione in ringraziamento all’aiuto ricevuto da Dio durante l’assedio. Suggerisce di:

“esortare per mezo di lettera pastorale di Monsignore Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo in cadun anno tutti li cittadini, et habitanti a disporsi e prepararsi col digiuno nel giorno antecedente, ovvero con qualche elemosina o altra opera pia, et alla confessione, e communione in quello di detta festa et in tanto in quest anno di fare le quarant hore solenni nella detta Chiesa con l’espositione del Santissimo Sacramento da principiarsi al ritorno di Madama Reale, Madama la Duchessa Reale, e de Reali Principi di Piemonte, e Duca d’Aosta in questa Reggia luoro residenza […] e che per maggiormente ecitare la divotione e la riconoscenza d’un beneficio si grande si facci in uno de giorni delle dette qurant hore un discorso spirituale, e nell’ultimo si canti il Te Deum Laudamus, et in caduna delle tre sere si dij la benedizione. […] Il Conseglio ha intieramente gradita detta propositione, e tutto unanime elletto la Santissima Vergine Maria per particolare Avvocata, e Protettrice di questo pubblico, et ordinato si solenisi annualmente in perpetuo la festa
della sua Natività principiando l’anno venturo, e da primi vespri nella Chiesa della città sotto il titolo del Corpus Domini, e che si cantino nel giorno della detta festa la messa grande, e Vespro, si facci indi la processione e si termini la fontione con la beneditione del Santissimo Sacramento. Inoltre si preghi ogni anno Monsignore Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo d’esortare con sua Lettera Pastorale tutti a disporsi, e prepararsi a detta solenizazione particolarmente col digiuno, o qualche elemosina, o altra opera
pia, la vigilia di detta festa, et alla confessione, e communione, et ad intervenire a tutte dette fontioni con la maggior divotione et esemplarità.”

Nella stessa seduta del 29 settembre si possono leggere altre decisioni che dicono molto sul “sentire” dei Torinesi, ma anche sulle situazioni di indigenza lasciate da quattro mesi d’assedio.

Innanzitutto la Congregazione decide di tenere nel Palazzo di Città un ritratto del generale von Daun come segno di ringraziamento per il servizio prestato a Torino.

Un altro ritratto, ma di Sant’Antonio da Padova della città, viene regalato al Consiglio da un certo Padre Francesco Antonio Notari, sacrestano della chiesa dei Padri minori Conventuali di San Francesco. Il sacrestano viene invitato nella sala della Congregazione dove consegna il quadro e distribuisce a ciascun consigliere un’immaginetta votiva del santo. Noblesse oblige, il Consiglio contraccambia il regalo con un’elemosina di 150 lire.

La seduta del 29 settembre dedica alle elemosine parecchio impegno: 200 sacchi di farina all’Ospedale di Carità, 25 a quello di San Giovanni. 200 lire al monastero di Santa Maria a Pozzo Strada (devastato dai francesi mentre si ritiravano), 5oo litri di vino alle monache cappuccine, 250 a quelle di Santa Pelagia.

Vengono riconosciute anche altre elargizioni, come alla sarta Clara, che ripara e sistema le vesti processionali dei sindaci e gli addobbi del palazzo di Città, o alla pescivendola Isabella Renalda, che ha perso un figlio bastonato a morte dai francesi mentre tornava dai laghi d’Avigliana.

Si cerca anche di combattere un malcostume piuttosto diffuso, da parte di militari o presunti tali:

[…] Sendo Noi informati degl’abusi che si comettono da molte persone habitanti in questa Città, quali sotto pretesto d’esser Soldati, Forieri, o Servitori delli Ufficiali di guerra, vanno liberamente al Foraggio nel territorio della medema, e altrove […] habbiamo stimato di prefiger il giorno e posti ne quali sarà permesso detto Foraggio, al quale dovrà assister un Ufficial Maggiore, che verrà da Noi nominato, e munito dell’Ordine nostro in scritto […]. Dichiarando a quest’effetto, che incorreranno nella pena di tre tratti di Corda da darseli irremissibilmente in publico, tutti quelli, niuno eccetuato, che andaranno al Foraggio fuori del giorno e posti da Noi come sovra prescritti, […] Commandiamo a tutti gli Padroni delle Cassine, Affittavoli, Massari, & habitanti de luoghi d’arrestare e far arrestare qual si voglia persona, niuna eccettuata, qual ritrovaranno a
foraggiare, senza detta nostra licenza in scritto, & quelle indilatamente condurre, o far condurre in questa Città, affinche subischino il meritato Castigo.

Al termine di una seduta così impegnativa c’è spazio anche per un argomento più leggero. L’avvocato Testù presenta un suo componimento poetico per celebrare il valore di Torino e dei torinesi in occasione della vittoria.

Veniamo infine al giorno di oggi, ossia al 2 ottobre 1706. Il vicario di Polizia Fontanella comunica al sindaco che domani farà ritorno in città la famiglia del Duca (moglie, madre e figli). Il sindaco si confronta dunque con la Congregazione, ritenendo:

[…] che la città debbi fare qualche pubblica dimostratione di giubilo in ocasione del detto ritorno, e particolarmente con far illuminare il Palazzo della medesima città, e con invitare la cittadinanza ad illuminare le luoro case, et in quella miglior forma, che la prudenza de signori ufficiali della città meglio stimerà.

Nell’immagine, padre Sebastiano Valfré implora l’aiuto della Madonna della Consolata mentre attorno a lui infuria l’assedio.