“Nella bottega del pane faceva un gran caldo. Il panettiere impastava e sua moglie vendeva e incassava: entrambi intrattenevano i clienti stordendoli di chiacchiere. Il garzone, un ragazzo magro dagli occhi scavati, grondava di sudore davanti al forno controllando le pagnotte che lievitavano, senza dire una parola.
«Ne vorrei una» disse Laura indicando alcune grosse forme messe sul bancone a raffreddare. Il profumo tiepido metteva l’acquolina in bocca. Il panettiere alzò lo sguardo. Quando vide Laura la sua faccia incuriosita si aprì in un sorriso accogliente e sdentato.
«Bondì» disse allegramente, ripulendosi le mani sul grembiule.
«Bondì» ripeté la moglie. «Sei nuova?»
Laura annuì: «Sono arrivata ieri l’altro, da Nizza.»
«Si sente, si sente fin trroppo» sorrise il fornaio, arrotando le erre alla francese.
La prendevano in giro per il suo accento, ma la comprendevano. E lei comprendeva loro, finché il dialetto di Torino non diventava troppo ingarbugliato.
La donna raggiunse il tavolo e avvolse una pagnotta in un panno di lino. Aveva un’aria vagamente corrucciata, Laura le sorrise:
«Avete sentito anche voi quelle grida, all’alba?»
Il fornaio alzò la testa: «Grida?»
La donna la guardava, con il pane tra le mani. Gli altri clienti la guardavano. Anche il garzone, che un attimo prima era attento al fuoco nel forno, fissava Laura con occhi confusi. O spaventati.
«Qualcuno chiamava le guardie» spiegò Laura.
Tutti la stavano fissando in modo così strano da farla arrossire.
«Hanno trovato un morto» disse alla fine il fornaio, poi si interruppe. A Laura parve di scorgere un lampo nel suo sguardo, un lampo di orrore.
Un ragazzo di poco più vecchio di lei, in coda per il pane, borbottò qualcosa su un crocicchio, ma a voce molto bassa.
«Smettila, altrimenti la spaventi» disse la fornaia indicando Laura, ma era lei a sembrare spaventata. «E’ nuova di qui.»
«Chi è morto?» le chiese Laura.
La donna si limitò a guardarla. Il ragazzo rispose:
«Il fratello del mugnaio.»
Laura notò lo scambio di sguardi tra il giovane e la fornaia, il dito di lei sulle labbra, il silenzio immediato. Rabbrividì, senza saperne il motivo.”

(La Città delle Streghe)

All’inizio del 1700, le granaglie necessarie a confezionare il pane e gli alimenti a base di cereali arrivavano a Torino dalle pianure della provincia, ma a partire dalla seconda metà del Seicento fu necessario estendere l’acquisto dei grani a provincie più lontane (Cuneo, Vercelli, Alessandria).

Le autorità cittadine vigilavano sia sul commercio che sui processi di conservazione e di panificazione, allo scopo di avere pane buono, abbondante e non troppo caro. Veniva chiesto ai produttori di dichiarare una volta all’anno le eccedenze della stagione precedente ma questi, per timore di requisizioni e tasse, raramente fornivano denunce veritiere. Al tempo stesso non era facile avere un’idea precisa della popolazione residente a Torino: per prepararsi all’assedio del 1706, il Duca Vittorio Amedeo II ordinò un censimento, cosa che fu un evento a modo suo straordinario e prova di grande lungimiranza.

I cereali giungevano in città sia sotto forma di farina che di grani, che venivano macinati nei mulini di Borgo Dora e lungo il Po (tutti gestiti dal Comune, che tratteneva una tassa per il diritto di macina). La vendita all’ingrosso avveniva il martedì e il sabato, in piazza delle Armi (l’attuale piazza San Carlo). Il prezzo veniva stabilito dal Vicario e dai sindaci dell’Unità dei Panettieri, sulla base del prezzo di vendita del grano ai privati, e cercando di tenerlo più basso possibile.

Gran parte del pane prodotto era di puro frumento. Il più pregiato (“il pane di bocca”) era venduto in “grissini, biscotti e micconi lunghi e corti”, poi c’era il “pane alla francese”, meno raffinato di quello di bocca, e il “pane lavato”, di farina di frumento senza reprimo. Di qualità ancora inferiore c’erano il pane bruno (farina di frumento senza crusca) e il “pane casalengo” (con cereale di segale).

Alla fine del Seicento c’erano 82 panettieri a Torino, e altri 32 avevano bottega nei borghi circostanti. Malgrado i controlli, il pane continuò a crescere sempre più per tutto il Settecento. Per far fronte a questo problema la municipalità istituì panetterie che vendevano pane di cereali misti con prezzi controllati, e a volte provvide a distribuzioni gratuite di pane. Non mancarono provvedimenti contro gli agitatori di popolo che usavano la scarsità di pane come pretesto per sollevare proteste e rivolte.