Lasciati alle spalle i mendicanti, le porte e il camminamento tra le fortificazioni, giunsero a Borgo Dora, che da quelle parti chiamavano “del Pallone” o “Balòn”.
Tra le capanne di legno e paglia, Laura vide dei mulini, una chiesa e delle fabbri-che. Immaginò che ci fosse una conceria nelle vicinanze, l’olezzo marcio era in-confondibile. Il suono ritmico di metallo suggeriva invece delle fucine.
Oltrepassarono una stalla vuota, un lavatoio dove alcune donne sciacquavano i panni, poi svoltarono all’angolo di un olmo monumentale.
Tre bimbetti di otto o nove anni giocavano con una palla di stracci, una ragazzi-na più grande li osservava seduta sugli scalini di una casa: teneva sulle ginocchia un piccolino, che cercava di scivolarle via per raggiungere gli altri.
Il facchino si avvicinò per chiederle qualcosa. Di tutto il discorso in torinese, Laura comprese solo “Lurèns”, Lorenzo; ne dedusse che stessero parlando del cugino di Fioreste. L’ometto riprese il cammino, fermandosi poco dopo di fronte a una casupola dall’intonaco cadente.
«… penso che siamo arrivati!»
La curiosità e l’eccitazione che Laura aveva provato arrivando a Torino erano svanite di fronte a tanto squallore. Noi abiteremo qui, pensava guardando le case dai muri sporchi, il lavatoio, i bimbi che giocavano, con in sottofondo l’odore di pane e cuoio lavorato.

(La Città delle Streghe)

Ai tempi in cui Torino era chiusa da una cinta muraria, il Borgo Dora si sviluppava nella parte settentrionale della città, al di là di quella che in epoca romana si chiamava Doranea e poi divenne Porta Palatina.

Era qui che, oltre alle case e alle cascine, erano nate le prime industrie di Torino, sfruttando la presenza del fiume e dei numerosi canali da esso derivati. I documenti di epoca medievale fanno già riferimento a mulini, concerie e una fabbrica di panni. Nel 1400 la ‘molera’ e  la ‘rèssia’ forgiano e affilano armi e altri strumenti: alimentate dal Canale dei Molassi che ne azionano i macchinari, queste due fabbriche danno il nome alla ‘regione delle rèssie’.

Nel 1582 un certo Antonio Ponte, converte la Molera in uno stabilimento di polvere da sparo, che viene chiamato Polverificio o Polveriera. Un’espansione dello stabilimento nel secolo successivo permette di alimentarlo con un canale appositamente realizzato: sembra che l’acqua del canale della polveriera arrivasse alla fabbrica con un ponte sopraelevato.

La polvere veniva ottenuta da una mistura di zolfo, carbone di legna dolce (nocciolo o salice), e salnitro raffinato. Le diverse percentuali davano origine a diversi tipi di polvere (per i moschetti, per i cannoni, le mine e perfino per gli spettacoli di fuochi artificiali). L’acqua del canale era necessaria per far ruotare la ruota a pale che azionava le macine e i pistoni che tritavano e pestavano la polvere. Durante l’assedio del 1706, i francesi bloccarono l’acqua dei canali per interrompere il funzionamento delle fabbriche: i torinesi sopperirono alla cosa usando dei muli per far girare la ruota, e infine utilizzando dei forzuti che pestavano il composto con l’aiuto di pesanti magli.

All’inizio del 1700 il borgo ospitava altri opifici, tra cui due filatoi di seta, fucine in cui venivano fabbricate canne di fucile, il macello e due fonderie.

E’ facile immaginare come grazie a questa fiorente attività industriale il borgo fosse piuttosto popolato. Lo conferma il fatto che ospitasse un mercato suo, tutti i sabati. E lo conferma la presenta in loco di diverse chiese sin dall’epoca medievale. Oltre la Dora c’era una chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena Pontis Petrae: il nome, tra l’altro, fa intuire come in epoche antiche dovesse esserci un robusto ponte di pietra che potrebbe aver dato origine al soprannome stesso con cui è conosciuto il Borgo Dora.

Veniamo quindi alla controversa questione sul nomignolo Balôn (in torinese si legge balùn) che è sopravvissuto fino ai giorni nostri, contraddistinguendo l’area di una storico mercato delle pulci. 

Qualcuno sostiene che derivi da “Vallone”, riferendosi all’avvallamento di terreno in cui era costruita parte del borgo rispetto alla cinta muraria. Qualcun altro invece ritiene che si faccia riferimento al gioco del pallone elastico, che pare fosse molto praticato già in epoca antica. Nel Seicento è testimoniata la presenza in zona di una Osteria del Pallone, dove forse ci si ritrovava proprio per giocarci. Infine, come detto, c’è l’ipotesi legata al ponte di pietra sulla Dora, che in epoca medievale dava al Borgo Dora il toponimo di burgum ad pillonos (il borgo dei piloni). Pallone come storpiatura di pilone? Nessuno può dirlo. Né smentirlo.

L’area era caratterizzata, come si è detto, dalla presenza dei canali: oltre a quelli già citati dei Molassi e della Polveriera, c’era quello dei Mulini, derivato dalla Dora all’altezza di Lucento e che attraversava il borgo dalla zona di Valdocco a quella di Vanchiglia.

Durante i lavori per difendere la città in vista dell’assedio del 1706, vennero realizzati un trinceramento e tre ridotti, a testimonianza di quanto quest’area fuori città fosse considerata preziosa. Dai diari dell’epoca si legge: ”Diedesi il finimento d’un’ Opera a Corno,d’onde veniva battuta egualmente la parte eminente e bassa della Val d’occa, e da questa Opera aveva il suo cominciamento un trincerone, che andava a finire verso la Dora; e v’era per custodirlo un ridotto assai capace sopra il canale de’ Molini dellaCittà, e due altri nel mezzo un poco più angusti, che da per tutto fiancheggiavano il sudetto trincerone. Si riserrò tutt’all’intorno il Borgo detto il Ballone con altre forti opere, che costeggiando la Dora mettevano con esso anche in sicuro i Molini della Città. Ed affinché si tenesse il passo aperto de i due ponti della Dora, si pensò a munire le loro teste con diverse opere circondate da profonde e larghe fossa palificate e difese da varj trinceramenti e strade coperte”.

Non rimangono molte testimonianze dell’epoca, ma per immaginare come doveva apparire il Borgo Dora possiamo affidarci a questa sua raffigurazione del Theatrum Sabaudiae:

 

L’immagine in testa al post è invece un dipinto di Antonio Diziani (1737-1797) raffigurante un “antico borgo”, e potrebbe rendere bene l’idea di come poteva apparire il Balòn all’inizio del 1700.