Cristina di Borbone, figlia di re Enrico IV di Francia e di Maria dei Medici, è una delle figure più chiacchierate della storia di casa Savoia. Sposò il Duca Vittorio Amedeo I a soli 13 anni quando lui ne aveva già 31. Un matrimonio di pura convenienza politica, a sugello dell’alleanza tra Francia e Savoia e in chiave antispagnola. I due sposi, prima del giorno delle nozze, non si erano nemmeno mai incontrati.
Nei suoi primi anni di matrimonio Cristina si occupa infatti di fare ciò che è richiesto alla consorte di un sovrano: garantire ai Savoia la successione. A 31 anni, quando rimane vedova, Cristina ha già sei figli e ha fatto in pieno il suo dovere, ed è libera dai vincoli matrimoniali.
Secondo le cronache dell’epoca, Cristina è una vera bellezza dai boccoli castani e il viso ovale. E’ una donna colta e intelligente, forte, energica, e occuparsi di politica non le dispiace affatto. Per quasi trent’anni è lei a tenere la reggenza del Ducato (ben oltre il tempo necessario a suo figlio Carlo Emanuele II di diventare maggiorenne): un risultato non da poco, considerato il contesto di un epoca e di un luogo (la corte sabauda) in cui le donne contano pochissimo. E non è un periodo facile per governare il Ducato, nel pieno delle tensioni politiche tra Francia e Spagna, e le ingerenze d’oltralpe di quel gran volpone del Cardinale Richelieu (nota di colore: quando Vittorio Amedeo I morì durante un pranzo, forse per un’intossicazione alimentare, furono in molti a Torino a convincersi che il Duca fosse stato avvelenato per volere del Cardinale, desideroso di impadronirsi di quelle terre che continuavano a resistergli.)
Cristina deve vedersela anche con una guerra civile, quando i due fratelli di suo marito (il principe di Carignano e il cardinale Maurizio) cercano di spodestarla. Deve giocare una partita di difficile equilibrio: da una parte ci sono i cognati, dietro ai quali si intravede la longa manus della Spagna, dall’altra i francesi e il cardinale Richelieu, che non vedono l’ora di aiutarla per mettere piede a Torino e non abbandonarlo più. Cristina resiste agli uni e agli altri, giocando sulla rivalità di Francia e Spagna, e alla fine riesce ad accordarsi con i cognati, mantenendo la reggenza e facendo concessioni in fondo marginali. Un capolavoro d’astuzia politica.
Cristina è questo ma anche altro. Piuttosto egocentrica, ama firmarsi: “Chretienne de France, Duchesse de Savoie, Reine de Cypre”. Amante del lusso e del divertimento, cresciuta alla corte di Francia, trova quella torinese troppo austera e mortalmente noiosa: dopo la morte del marito, ci pensa lei a ravvivarla, con sfarzose feste e circondandosi di amanti (tra cui il Cardinale Maurizio di Savoia… suo cognato, e il conte Filippo San Martino di Aglié).
A Cristina vanno riconosciute alcune opere che rendono bella la Torino di oggi: l’ammodernamento del castello del Valentino secondo i disegni architettonici tipicamente francesi (i tetti mansardati e spioventi), l’ampliamento della Vigna di Madama Reale in collina, e l’edificazione delle chiese gemelle di piazza San Carlo.
Nei suoi ultimi anni di vita Cristina si avvicinò alla spiritualità, tra messe, preghiere e penitenze, nella chiesa che aveva fatto costruire in Piazza San Carlo e che porta tuttora il suo nome. E’ lì che venne seppellita alla sua morte, con addosso il semplice saio delle monache carmelitane scalze (ordine da lei voluto a Torino). Durante l’occupazione napoleonica la chiesa venne utilizzata per scopi civili e fu costretta a far ‘sloggiare’ i suoi ospiti, vivi e morti. Questa è la ragione per cui il sepolcro di Cristina di Borbone si trova nella chiesa di S.Teresa.
Facendo un bilancio sulla figura di questa prima Madama Reale, possiamo giudicarlo positivo. La tradizione storiografica ha puntato il dito sui costumi licenziosi e sulla sua sudditanza alla Francia, ma si tratta almeno nel secondo caso di un giudizio ingeneroso: malgrado le difficoltà oggettive, Cristina riuscì a mantenere il Ducato sabaudo indipendente, e anzi a rafforzarne i diritti dinastici. Il suo contributo artistico e architettonico non può invece negarlo nessuno: è anche grazie a lei che Torino, in quell’epoca, ha imparato a essere una vera capitale europea.
Il ritratto di Maria Cristina, di Nicolas Mignard, è conservato nella Galleria Sabauda.