Introduzione
Scoprirsi e riscoprirsi. L’opera più audace e necessaria che un uomo possa compiere. Che assume connotazioni ancor più sublimi quando ciò avviene attraverso le sofferenze, i sotterfugi, gli inganni, le credenze popolari, gli incantesimi e i rituali. Oltre agli assedi strettamente personali, le tenebre non possono essere eterne…
Recensione
È un’estate rovente, quella del 1706, a Torino. In guerra da tre anni contro la Francia e sotto le bombe da due mesi, la città, capitanata dal Duca Vittorio Amedeo di Savoia e dal comandante Virico von Daun, si oppone con coraggio alle orde aggressive di Luigi XIV, il Re Sole. I torinesi sono preoccupati e impauriti; l assedio ha dato vita a una vera e propria tempesta di fuoco: palle di cannone, bombe incendiarie e proiettili si abbattono sulla città, devastandola e ferendo a morte numerosi civili. Ma i torinesi, all’epoca dei fatti superstiziosi e inclini a dare fede alle credenze popolari, auspicano nella veridicità celeste: l’eclissi ha oscurato il sole, simbolo di Luigi XIV, mostrando la Costellazione del Toro.
Ma altre storie
si intersecano nella storia, storie di folklore, di simbolismi, di masche e demoni, di convinzioni alterate dalla scaramanzia, di un dualismo imperituro e radicato: la lotta tra il Bene e il Male.
“La leggenda risaliva a prima ancora che la terra alla confluenza dei due fiumi venisse colonizzata dai romani e prendesse il nome di Augusta Taurinorum. Un tempo in cui le terre del Duca di Savoia erano una pianura coperta di boschi e di acquitrini, e la gente si riuniva in tribù e villaggi. Un feroce drago infestava i dintorni e divorava i viandanti che attraversavano i boschi vicini al suo rifugio. Oltre a sputare fuoco e soffiare fumo, aveva lo stesso potere del basilisco di pietrificare le membra con un solo sguardo. Un toro andò ad affrontare quel mostro immondo. Un toro audace, possente, rosso di pelo, che si addentrò nella parte più oscura della foresta finché non trovò il suo nemico. Si scatenò una lotta terribile che durò diverse ore. Alla fine il toro uccise il drago e divenne protettore di Torino, simbolo della vittoria sul Male.”
Sparizioni inspiegabili, omicidi efferati e rituali macabri erano compiuti da chi? O meglio, da cosa?
“…Le vittime erano persone sole, sfollate dai quartieri minacciati dalle bombe, o che abitavano in quartieri poveri. Nessun segno di lotta nelle loro case.”
Spetterà a Gustìn, su richiesta del Conte Gropello, il compito di far luce su questi episodi enigmatici, che avevano contribuito a diffondere panico e paura tra i cittadini, e che rappresenterà uno strumento per lo stesso inconsapevole investigatore grazie al quale farà scoperte agghiaccianti e a tratti inaspettate, che sveleranno anche molti lati di se fino a quel momento a lui ignoti.
Buggio ha una scrittura gradevole e scorrevole al tempo stesso. Riesce ad instillare una enorme curiosità nel lettore, alternando le brutture della guerra e gli orrori di delitti spietati, a momenti di tenera dolcezza e di grande introspezione.
Notevole la descrizione di Maria Corona, figura magnetica e misteriosa, gentile e determinata al tempo stesso, dalla quale ci si distacca con non poca fatica.
“…Gustìn alzò gli occhi e vide, quasi di fronte a lui, la dama con l’abito antiquato. Il nero metteva in risalto il pallore luminoso del viso, le labbra vermiglie e gli occhi castani orlati di lunghe ciglia. Occhi dall’espressione gentile e malinconica. Occhi di un angelo. Si sorprese di se stesso subito dopo che l’ebbe pensato: da anni gli angeli, come i santi, i preti, le chiese e tutto quello che li riguardava, erano chiusi in una cassaforte che non aveva più voluto aprire.”
Delicato e quasi etereo, il personaggio di Laura, giovane saponaia trasferitasi a Torino proprio dalla Francia, il cui ruolo la erge, seppur nelle fragilità caratteriali e tipicamente storiche che emergono, a eroina giusta e proba.
Di elevato spessore anche l’esposizione della Cittadella, roccaforte pentagonale, ricca di tunnel e gallerie create proprio per osteggiare il nemico.
“La Cittadella era un’opera militare grande un quinto di tutta Torino. Mura formidabili univano cinque bastioni a forma di pentagono, attorno al quale erano state aggiunte imponenti fortificazioni esterne: fossati e palizzate, le opere a forma di punta di freccia che venivano chiamate mezzelune, sbarramenti di pietra o legno, strade coperte che fungevano da trincee avanzate. Infine c’erano le difese invisibili, le gallerie sotto la Cittadella. All’interno delle mura c’erano la casa del governatore, la chiesa di Santa Barbara, un pozzo, dormitori, polveriere e perfino forni per il pane. Era una città dentro la città.”
E poi, l’entità Drago…
“Aveva scoperto che “nobili” e “non nobili” non erano due colori diversi, ma due lievi sfumature di una stessa tinta, in una tavolozza dove la vera differenza era di chi sapeva dell’esistenza di quelli come il Drago e riusciva a mettersi al loro servizio, e tutti gli altri. Il mondo non era a due tinte, ma a tre: Padroni, Servi e Prede.”
Un libro ben scritto, che rievoca grandi imprese, grandi personaggi, nobili, ricchi, disperati e gente comune, mescolando magistralmente fatti storici a vicende romanzate, e che riporta al presente una vicenda italiana durata cento diciassette giorni, quella che per molti ha segnato l’inizio del Risorgimento.
Conclusioni
“La città dell’assedio” non è solo un thriller storico, ma è un romanzo straordinario che sa coniugare egregiamente vicende secolari e reali, a quella di natura personale, intrise di passioni, follia, sete di potere, azioni raccapriccianti, rituali macabri ma anche di fratellanza, complicità, umanità.
Personalmente l’ho trovato estremamente limpido e coinvolgente, ricco di pathos e magia… Non posso che consigliarne vivamente la lettura!

(Fabiana Manna)

Qui è possibile leggere la recensione sul blog

La Città dell’assedio di Luca Buggio

mentre qui lo stesso blog aveva recensito il romanzo precedente.

La città delle streghe