Come abbiamo visto in un precedente approfondimento, la Cittadella era munita di un poderoso sistema di difesa sotterranea (cliccate per leggere il post). Tutti sanno che è solo questione di tempo prima che inizi la guerra di mina: i francesi stanno scavando ed è sicuro che non stanno scavando solo trincee, ma anche tunnel con cui intercettare le gallerie sabaude.

Gli assediati si tengono pronti, come ci racconta il Solaro della Margarita, che non è solo un attento cronista, ma anche la persona più adatta a scrivere di questo argomento, essendo a capo dell’artiglieria all’interno della quale è inquadrato il reggimento minatori.

“E’ il momento di guardare quel che succede sotto terra nella Cittadella, e sotto le opere attaccate di fianco alla Città. C’è da essere sorpresi nel vedere che non si lavora con minore attenzione e diligenza di quanto si fa in superficie. Quello che dava maggior preoccupazione agli Assedianti, di non riuscire a espugnare la Piazza, e più speranza agli Assediati di sostenerla, erano le mine. E’ per questo motivo che fin da circa la metà di maggio [gli Assediati] stavano perfezionando questi condotti con la massima diligenza. […] Una squadra di Muratori, ed un’altra di Carpentieri erano destinate alle mine e si erano disposte a piccola distanza [tra loro] delle lampade accese lungo le grandi Gallerie per poterle percorrere. Una Pattuglia di Granatieri presidiava ogni porta delle [gallerie] Capitali che si trovavano ai Bastioni di San Maurizio e del Beato Amedeo, ed alla mezzaluna del soccorso: poi fu fatta un’ispezione generale alle chiusure delle Porte delle Gallerie principali, che corrispondevano ai corpi dei Bastioni della Cittadella. Si designarono due minatori per ogni Capitale perché ascoltassero notte e giorno e facessero rapporto all’Ufficiale di ciò che potevano udire”.

Sul piano della campagna continuano i feroci bombardamenti francesi su Torino. Il luogotenente del Duca de La Feuillade (che continua a inseguire Vittorio Amedeo II) è il Conte di Chamarande, che si rende conto come giorno dopo giorno i progressi rimangano pochi e le vittime e i disertori aumentano. E questo malgrado continui a ricevere bocche da fuoco e rifornimenti. A questo proposito il Tarizzo fa notare che “non finissero giornalmente di giungere nuovi carriaggi, convogli di polvere, palle e bombe e altri ordigni da guerra, che ingombravano un grande tratto di campagna: sicché non v’aveva gran fatica a misurare dall’esorbitanza di tante spese e da così orribili preparamenti l’impegno e la risoluzione della Francia”..

Sempre il 28 giugno viene disposto il trasferimento del Consiglio comunale, costretto ad abbandonare il Palazzo civico minacciato dalle bombe e a spostarsi nel corridoio superiore laterale del convento di San Francesco da Paola. Una delle prime decisioni a essere presa riguarda gli assembramenti di folla, che rischiano di aumentare il bilancio delle vittime dei bombardamenti. D’accordo con l’Arcivescovo, si proibiscono anche le processioni, aumentando invece le elemosine straordinarie alle famiglie bisognose.

L’immagine in testa al post è tratta dal numero 16 del 20 aprile 1969 del Corriere dei Piccoli, da un racconto intitolato “La vera storia di Pietro Micca”