ll blog TSD è molto felice di ospitare nel suo salottino virtuale Luca Buggio per questa intervista! Un autore che con i suoi libri ha partecipato spesso alla vita del nostro gruppo Facebook, nonché grande cicerone durante il raduno di qualche tempo fa presso la Sacra di San Michele e il paese di Avigliana che ci ha fatto scoprire con le sue storie e leggende.

Prima di farlo accomodare sul nostro divano, vediamo chi è Luca Buggio
Scrivere, recitare e far recitare sono le mie passioni. La prima è iniziata prestissimo, da bambino, quando leggere libri o vedere film che finivano male mi faceva nascere la voglia di riscrivere quella storia nel modo che avrei voluto. Trovare il coraggio di far leggere a qualcun altro i miei scritti è stato tutto un altro paio di maniche. “La Danza delle Marionette”, un romanzo gotico ispirato dalla mia esperienza nel mondo del volontariato, è stato pubblicato nel 2009 e ha avuto un successo che ha stupito anche me. Nel frattempo ho scoperto la storia della mia città e la voglia di raccontare qualcosa che vi fosse ambientato. Così, ascoltando una conferenza sull’assedio di Torino, mettendo insieme idee e pensieri che mi ronzavano per la testa da un po’ di tempo, nel 2006 ho iniziato a documentarmi e a scrivere la storia che oggi ha raggiunto tutte le librerie. Con gli anni ho anche scoperto la passione per il teatro. Sono direttore artistico, attore e regista della Compagnia dei Saltapasti, associazione culturale e ricreativa che rappresenta spettacoli teatrali e realizza corsi e laboratori di recitazione. Molto spesso sono autore dei testi che portiamo in scena, e manco a farlo apposta… alcuni di questi sono ambientati a Torino in epoca barocca.

Benvenuto Luca, ti ringraziamo per aver accolto la nostra richiesta e per essere oggi qui con noi, grazie per il tempo che ci dedicherai rispondendo alle nostre domande per i nostri affezionati lettori.
Grazie a voi per la disponibilità, lo spazio e il tempo che mi dedicate.

Parliamo di Luca Buggio: ogni buon scrittore deve essere anche un grande lettore. Tu che genere prediligi?
Non ho preconcetti, anche se ho una preferenza per i romanzi storici e per i thriller. In generale mi piacciono i libri che riescono a incuriosirmi: per una trama avvincente, un personaggio in cui riconoscermi o per cui fare il tifo, uno stile piacevole, un’ambientazione che mi fa piacere scoprire. I miei autori favoriti per stile di scrittura sono Stephen King, Joe Lansdale e Carlos Zafon. Tra gli italiani, Evangelisti e Carrisi.Essendo attore e regista dilettante di teatro, leggo anche molti autori teatrali. Ogni tanto torno ad accostarmi ai classici: i libri che mi porterei sulla classica isola deserta sono “il conte di Montecristo” di Dumas e “i miserabili” di Hugo.

Come è nata la tua passione per la scrittura e quando hai deciso di provarci”?
Quando avevo 8 o 9 anni, lessi un fumetto western in cui a un certo punto incontrai un personaggio con le fattezze che mi ricordavano una persona cara. Quando, dopo poche pagine, quel personaggio fu ucciso dai banditi ci rimasi così male da non dormirci la notte. Il giorno dopo iniziai a pensare a una storia in cui quel personaggio sopravviveva. Il mio primo tentativo di romanzo risale ai tempi delle scuole medie, una storia d’avventura scritta con il compagno di banco e migliore amico. Tanti altri tentativi, tutti regolarmente cestinati o nascosti in un cassetto, fino al tentativo di pubblicazione, quando ormai ero già grandicello.

Noi del blog e del gruppo TSD abbiamo imparato a conoscerti grazie ai tuoi due romanzi storici pubblicati con La Corte Editore ma hai iniziato quasi 10 anni prima con “La danza delle marionette”, un genere diverso. Vuoi parlarcene?
Per quasi 10 anni e fino al 2005 mi sono dedicato attivamente al volontariato, fondando un’associazione che operava in strutture di accoglienza per minori in difficoltà. È stata un’esperienza che ha contribuito a farmi imparare molto su me stesso e sugli altri e da cui alla fine ho tratto ispirazione per raccontarla sotto forma di metafora. Scrissi una storia che aveva per protagonista un vampiro che si nutre di persone che fanno male ad altre persone e si prende cura delle vittime, perché la loro riconoscenza e il loro amore lo fanno sentire ancora vivo. Questa storia divenne un romanzo, “La danza delle marionette”, che trovò subito un piccolo editore disposto a pubblicarla. Era il periodo del boom di Twilight, e bastava la parola ‘vampiro’ per attirare la curiosità degli operatori del settore librario. Il libro piacque molto, a giudicare dai riscontri dal vivo e su web, e mi incoraggiò a credere nella mia capacità di scrivere qualcosa che piacesse anche agli altri. Tuttavia, se fossi stato un po’ più smaliziato nelle dinamiche editoriali, avrei aspettato un po’ prima di accettare la proposta, oppure avrei puntato più in alto. Anche di questa esperienza ho fatto tesoro.

Questo libro è fuori produzione, l’editore ha chiuso i battenti e non se ne trovano più copie. Pensi di riproporlo un giorno o hai deciso di dedicarti solo alla storia?
“La danza delle marionette” rappresenta un pezzo di percorso fatto nella mia vita, e chiaramente le sono affezionato. Mi piacerebbe un giorno riproporla, magari con un robusto lavoro di revisione ed editing che all’epoca non avevo nemmeno idea che si potesse fare. Al momento, comunque, sono focalizzato sulla Torino del 1700.

“La città delle streghe” e “La città dell’assedio”: Torino nel 1700. La tua Torino dei Savoia in guerra con i Francesi. Come è stato per te studiare e raccontare la tua città natale?
Ci sono due premesse che credo meriti fare prima di rispondere. La prima è che l’idea della trama e dei due protagonisti vagava da tempo immemore nella mia testa, senza riuscire a fermarsi in un tempo e in un luogo adatto a loro. La seconda è che pur essendo nato a Torino, conoscevo molto poco della città e della sua storia. Lo stesso assedio del 1706 per me equivaleva all’episodio di Pietro Micca e poco più. La curiosità mi ha spinto ad andare a una conferenza in occasione del tricentenario dell’assedio. Ne rimasi conquistato. Conobbi il conferenziere, lo storico Piergiuseppe Menietti, e tra noi scoccò subito una simpatia a pelle nel momento in cui scoprimmo di esserci già conosciuti, anni e anni prima, a una rievocazione in cui entrambi vestivamo panni settecenteschi, lui tra i figuranti di un gruppo storico, io di attore di strada. Piergiuseppe mi ha incoraggiato a seguito lungo il percorso, suggerendomi i libri da studiare e poi correggendo le mie bozze per rendere la storia del tutto credibile dal punto di vista storico. Lo studio è stato qualcosa di emozionante, che mi ha permesso di scoprire Torino (in cui ormai vivo da un po’ di anni) in una maniera che non avrei mai potuto immaginare. Lo studio della capitale del Ducato di Savoia nell’arco dei trent’anni tra fine seicento e inizio settecento mi ha anche aiutato a capire che quella storia che da tempo cercava casa l’aveva finalmente trovata.

In entrambi i libri hai mixato sapientemente gli avvenimenti storici con il tuo racconto che mette in scena banditi, presunte streghe e serial killer. Quanto c’è di vero nella leggenda de “L’uomo del crocicchio” secondo te?

Torino è una città che raccoglie da sempre indizi di qualcosa a cui è difficile dare spiegazioni razionali. Sorge alla confluenza di due fiumi, un segno esoterico importante se si pensa ai fiumi come vettori energetici. Nel corso dei secoli si sono accumulati in questa città oggetti a loro modo portatori di magia e fede. Si pensi alle reliquie cristiane, prima tra tutte la Sindone. Si pensi al Libro dei Morti conservato al Museo Egizio, con tutto il suo armamentario di formule che si credeva potessero accompagnare i defunti verso l’eternità. Poi ci sono i culti pagani, per lunghissimo tempo fortemente presenti nelle aree rurali. Le streghe sono esistite, almeno secondo l’accezione di persone accusate di essere streghe o convinte di esserlo. Così come sono esistiti i cavalcanti (o benandanti), con il loro armamentario di saggezza popolare, superstizione… e chissà cos’altro. Le zone d’ombra della ragione sono sempre esistite, così come la tendenza dell’essere umano di riempire quei vuoti con una spiegazione. Non ho trovato tracce dell’Uomo del Crocicchio tra i documenti che ho studiato. Questo però non significa che i torinesi di fine seicento non potessero credere in qualcosa di molto simile. I crocicchi dove sorgevano icone dedicate al Diavolo esistevano eccome.

Dopo questi primi due libri con protagonista Gustìn, pubblicati da La Corte Editore, hai in cantiere la stesura del volume che completa la trilogia?
Ci sto lavorando con l’obiettivo di uscire in anteprima al prossimo Salone del Libro di Torino! Il titolo è top secret, ma potete immaginare che comincerà con “la città di” qualcosa…

Come vivi il mondo social? Che rapporto hai con i gruppi di lettori, i blogger e tutto quanto ruota attorno a questa nuova forma di comunicazione?
Sono nato ben prima che il web lanciasse la sua rivoluzione nel modo di mettere in contatto le persone, per cui mi sento decisamente impreparato di fronte al mondo social. Sommiamo questa impreparazione alla tradizionale riservatezza sabauda, e alla timidezza che mi contraddistingue e con cui solo in parte sono riuscito a venire a patti grazie a tanto lavoro con me stesso e alla passione per il teatro. Detto questo: io ci provo. Cerco di farmi conoscere e di far conoscere i miei scritti. Il mondo social è un’opportunità enorme per un autore alle prime armi, anche se bisogna trovare un giusto equilibrio. Gli autori che si promuovono su social sono tantissimi, così tanti che a volte mi chiedo se sono più dei lettori. Le modalità di promozione adottate sono tante, gli autori sono tanti e il potenziale lettore viene bombardato in maniera continua da infinite proposte. Come fare a distinguermi tra tanti, e come posso farlo senza dare fastidio? Queste sono le due domande che mi pongo e a cui tuttora non sono riuscito a rispondermi. Posso solo dire che l’esperienza finora maturata è stata fantastica: ho raggiunto attraverso i social persone che non avrei mai potuto incontrare altrimenti, e con moltissimi è nato un rapporto che va oltre il “io scrivo – tu leggi”.

Grazie mille, Luca! Al prossimo libro allora!
Sono io che ringrazio TSD per avermi accolto come lettore e adottato come scrittore. Sono veramente onorato di essere entrato in questa famiglia allargata, e orgoglioso che la mia creatura sia stata letta e apprezzata da lettori tanto entusiasti e competenti. Grazie. Grazie davvero.

[Intervista a cura di Roberto Orsi]

potete leggere l’intervista sul blog

L’intervista di TSD – Luca Buggio