(1) Borgo Dora
(2) Piazza della Frutta
(3) La Consolata
(4) Piazza delle Erbe
(5) Palazzo della Madama
(6) Palazzo del Duca
(7) Osteria del Gallo
(8) Palazzo Moris
(9) Piazza Carlina
(10) Piazza delle Armi
(11) Palazzo Gropello
(12) La Cittadella
(13) Palazzo Beggiamo
(14) Palazzo Rossotto
(15) Ospedale di Carità
(16) Borgo Moschino
(17) Monte dei Cappuccini
L’immagine, tratta dal Theatrum Sabaudiae, lascia intendere come doveva apparire il Borgo Dora alla fine del 1600. Accanto, ecco come appare oggi.
La piazza era così chiamata per il fatto che vi si teneva un mercato ortofrutticolo. Si affacciava sulle nuove porte settentrionali della città, che avevano sostituito quelle di origine romana (le Porte Palatine). Quest’area è tuttora sede di un imponente mercato a cielo aperto, il più grande di Torino. Purtroppo non si trovano dipinti dell’epoca: l’immagine più vecchia che sono riuscito a trovare (grazie al sito di Atlante Torino) è di inizio 1900 e mostra il lato della piazza rivolto verso la città.
Su questo luogo di culto tanto amato dai Torinesi ho dedicato questo post in Curiosità e Storia. Ecco un bel confronto tra la chiesa di ieri e quella di oggi. Sullo sfondo di entrambe le immagini si staglia il campanile di Sant’Andrea.
Dalle immagini si vede che negli anni è rimasta invariata la tendenza della piazza a ospitare le bancarelle del mercato ortofrutticolo. E’ nel palazzo di fronte, quello del Comune, che Gustìn fa i suoi incontri con il Conte Fontanella, Vicario di Polizia, .
Ne “la città delle streghe” il Palazzo Madama riveste sin da subito un ruolo importante. E’ infatti in una delle torri, dove all’epoca c’erano le celle dei prigionieri di riguardo, che avviene il primo incontro tra un giovanissimo Gustìn e il Conte Gropello. Nella litografia d’epoca si può vedere il il lato posteriore del palazzo, quello con le torri medievali dell’antica porta romana, rivolto nella direzione di via di Po.
Al Palazzo della Madama ho dedicato questo post nella sezione Curiosità.
La residenza di Vittorio Amedeo II è rimasta quasi invariata tra ieri e oggi, come si può vedere. Sono intervenute solo due modifiche architettoniche: il padiglione che chiudeva il cortile del palazzo si è via via abbassato coi secoli (in precedenza era così imponente che vi si facevano le ostensioni della Sindone!) e alla fine è stato sostituito da una cancellata. Inoltre, una delle ali del palazzo si estendeva fino a unirsi al Palazzo della Madama, chiudendo di fatto la piazza. Durante l’assedio di Torino il palazzo si svuota: il Duca è alla testa della cavalleria sabauda e compie azioni di guerriglia, la famiglia del Duca ha lasciato la città per trovare rifugio e protezione a Genova.
Il Gallo, la taverna di Costanza, è un luogo di fantasia. O quasi. So dai documenti consultati che esisteva un’osteria con quel nome, e che doveva trovarsi da qualche parte nella via del Gallo (l’odierna via Tasso), e nelle vicinanze di una chiesetta che all’epoca si chiamava “San Pietro del Gallo”. Questo è lo scorcio della via attuale.
Come poteva apparire all’epoca? Sicuramente doveva essere un luogo trafficato, perché si trova a pochi passi dalla Piazza delle Erbe e dal Duomo. Trafficato, ma tranquillo: non si è troppo distanti dall’isolato di San Domenico e dall’Inquisizione, dalle famigerate carceri senatorie e dalle porte settentrionali.
Ho immaginato quindi una clientela, ovviamente quasi del tutto maschile, fatta di mercanti e soldati al cambio del turno di guardia. La presenza di questi ultimi doveva avere il potere di scoraggiare i mendicanti e i ladruncoli della Città Vecchia. Una serata al Gallo poteva essere qualcosa di simile a quanto raffigurato in questo dipinto di Joseph Highmore.
Ma è è stato quest’altro dipinto di John Collet del 1794, intitolato “la graziosa cameriera”, a darmi l’ispirazione per tratteggiare Costanza alle prese con il suo nuovo “lavoro” di ostessa.
Non so dove si trovasse esattamente il palazzo della famiglia Moris. Immagino che ce ne fossero diversi a Torino, visto che si parla di una delle più ricche e influenti famiglie di banchieri alla corte del Duca di Savoia. Nella mia immaginazione, la dimora del signor Bernardo Moris, di sua figlia Teresa, di Gustìn e dei suoi gatti Castore e Polluce, si trova all’angolo di via Santa Teresa e via San Tommaso (che hanno mantenuto negli ultimi tre secoli la stessa denominazione, caso più unico che raro). Nell’aspetto lo immagino però più simile al palazzo dell’incrocio precedente, con XX Settembre. Nell’ampio cortile interno, come d’uso nella Torino barocca, le proprietà del signor Bernardo confinano con i tavoli del «dehor» di una locanda, «I Due Bastoni», che si affacciava sulla vicina via della Barra di Ferro (oggi via Bertola).
A questo luogo, di importanza cruciale per gli eventi narrati nella Città dell’Assedio, ho dedicato questo post in Curiosità e Storia. Vediamo intanto come appariva ieri e come appare oggi.
E’ qui che Laura ha il suo primo impatto con Torino. Così chiamata perché era il luogo dove avvenivano le rassegne militari e il cambio della guardia, ospitava anche un vivace mercato in diversi giorni della settimana. Da questa incisione del 1730 possiamo farci un’idea dell’aspetto della piazza ai tempi della Città delle Streghe e della Città dell’Assedio.
Questo invece è il lato verso Piazza Castello.
Alla Piazza delle Armi ho dedicato questo post in Curiosità e Storia.
Da quello che sono riuscito a desumere dall’analisi della documentazione storica, il conte Giovanni Battista Gropello doveva abitare nella moderna “isola dell’Assunta”, uno dei quartieri costruiti con l’ampliamento della città in direzione del Po. Più esattamente, il palazzo del ministro delle finanze del Duca di Savoia si trovava davvero a pochi passi dal palazzo Graneri, in cui durante l’assedio si era stabilito il comandante della difesa, Wierich Von Daun. Dal Theatrum Sabaudiae possiamo farci un’idea dell’aspetto del quartiere nel 1600, e confrontarla con la vista della odierna via Bogino, dove si trova il palazzo Graneri.
Infine, ecco come sarebbe potuto apparire a un visitatore il palazzo del Conte. Si tratta dell’Albergo Feder, piuttosto rinomato durante il XIX secolo, e che si trovava nella via accanto.
Di questo imponente apparato militare rimane purtroppo pochissimo nella Torino di oggi, e per lo più si trova sotto il livello del suolo. Il confronto tra le immagini parla chiaro: l’unica cosa rimasta integra è il Mastio, che costituiva l’accesso alla fortezza dalla parte della città.
Se vogliamo dare più consistenza alla nostra immaginazione, possiamo avvalerci del un bel plastico della Cittadella che si trova all’interno del Museo Pietro Micca. In alto a destra si vedono le case di Torino.
Come ho scritto, i resti più interessanti della Cittadella si trovano nel sottosuolo, dove grazie all’instancabile opera del generale Amoretti sono stati riportati alla luce (si fa per dire…) i cunicoli del sistema di difesa detto “di mina e contromina”.
E’ in questi cunicoli bui e angusti che Gustìn assiste, in un episodio narrato ne “la Città dell’Assedio”, a qualcosa che la sua ragione non può spiegare in alcun modo.
Palazzo Beggiamo, agli inizio del 1700, era la dimora della Contessa delle Lanze, Gabriella Mesme di Marolles. Oggi accoglie il Consiglio Regionale del Piemonte, e per nostra fortuna possiamo ammirarlo in uno splendore molto vicino all’originale. Dell’impianto settecentesco sono andati perduti i giardini e alcune ali secondarie.
Al Palazzo Beggiamo ho dedicato questo post nella sezione Storia e Curiosità.
La dimora del dottor Rossotto e dei suoi figli Luigi e Anna si trova di fronte alla chiesa dell’Immacolata Concezione, nella strada che ha mantenuto lo stesso nome di allora, via dell’Arsenale. Ecco l’immagine della Torino di oggi.
I palazzi sono stati abbattuti e ricostruiti, ma la chiesa è rimasta più o meno la stessa. Ed è proprio sul sagrato davanti all’Immacolata Concezione che Gustìn incontra per la prima volta un personaggio destinato ad avere un ruolo molto importante: Tommaso Viarengo.
All’inizio del 1700, questa istituzione fondata da alcuni eminenti cittadini tra cui la Compagnia di San Paolo sorgeva nella contrada di Po (oggi al numero 29-33, il palazzo noto come “degli stemmi”). Lo scorcio del Theatrum Sabaudiae suggerisce l’aspetto che poteva avere un isolato in quella zona della Città Nuova. Aspetto che, nei secoli, è rimasto praticamente immutato.
L’Ospedale di Carità, come racconto nel post dedicato in Curiosità e Storia, oggi ospita gli uffici dell’Università di Torino.
A questo sobborgo malfamato, che sorgeva sulla riva del Po, ho dedicato questo post in Curiosità e Storia. Oggi corrisponde alla zona dei Murazzi, molto conosciuta per la sua movida notturna. Il dipinto di Bellotto ci fa vedere il Moschino sulla destra del Po, e il lato della collina col Monte dei Cappuccini sulla sinistra. La fotografia moderna mostra invece il Po sulla sinistra, visto dai Murazzi.
La chiesa della Santissima Annunziata non era come appare oggi, dal momento che è stata completamente ricostruita. Il campanile, però, è rimasto un riferimento facile da riconoscere.
La cupola del duomo e il suo campanile erano facili da riconoscere anche fuori dalle mura. Esempio di architettura rinascimentale e costruito sui basamenti di tre chiese d’epoca paleocristiana, è rimasto praticamente immutato nel tempo, come si può vedere dal confronto tra una stampa settecentesca e una fotografia moderna.
La chiesa della Santissima Trinità, tra le più antiche di Torino (fu costruita sui resti di un tempio dedicato a Giunone) si trova in pieno centro storico, tra via Dora Grossa (oggi via Garibaldi) e via della Provvidenza (primo tratto di via XX Settembre). Per un viaggiatore di inizio Settecento che si approssimava a Torino era facile da riconoscere la cupola della chiesa. Oggi, per farlo, occorre aiutarsi con le foto satellitari.
Di questa torre non rimangono che i dipinti e le incisioni d’epoca, come questa. Sorgeva all’angolo delle attuali vie Garibaldi e via S.Francesco d’Assisi e fu abbattuta dai Francesi durante l’occupazione napoleonica. Non, come si crede, in segno di spregio verso il Piemonte che fu capace di resistere a Re Sole, ma per un’esigenza architettonica (la torre sporgeva nella via Dora Grossa/Garibaldi, rendendo scomoda la circolazione) che anche i governanti sabaudi avevano cercato di risolvere. Con la statua di un toro di bronzo al suo culmine, dotato di cavità che lo facevano “muggire” al passaggio del vento, la torre civica è stata per secoli e a buon diritto, il simbolo di Torino prima della costruzione di un’altra torre: quella della Mole Antonelliana.
Alla chiesa di San Domenico e all’Inquisizione torinese ho dedicato questo post in “Curiosità e Storia”. Ecco un particolare del campanile, un tempo ben visibile anche fuori dalle mura cittadine.