Trama

La guerra è alle porte del Ducato di Savoia, con i francesi pronti all’invasione, e la popolazione si prepara a fronteggiarla. Questo lo scenario in cui prendono vita le storie dei protagonisti, Laura Chevalier e Augusto Graziadei detto Gustìn. Due vicende che in comune hanno soltanto un elemento: la forte dose di mistero che trasuda il Piemonte settecentesco.

Laura è una giovane di buona famiglia che fugge da Nizza con madre e padre adottivo; Gustìn una spia e uomo di fiducia del conte Gropello. L’una permeata di spiritualità e superstizione, l’altro fedele alla sua razionalità laica, tendente all’ateismo. Laura compie un viaggio duro e rischioso per raggiungere Torino, Gustìn lascia la città per seguire un’indagine nelle campagne per conto del suo padrone. Si troveranno ad affrontare omicidi ed enigmi all’apparenza inspiegabili, nonché a temere per la propria incolumità, a muoversi nei meandri di una terra permeata di credenze popolari, di manifestazioni soprannaturali, sinistre. Un ruolo di spicco è ricoperto dalla figura della masca, strega tipica del folclore piemontese.

Contenuti

Laura e Gustìn sono una lo speculare dell’altro. Le loro avventure sono l’istanza di una nota contrapposizione: quella fra superstizione e razionalità, dicotomia che è anche l’emblema dell’epoca in cui il romanzo è ambientato, con la cultura illuminista agli inizi della sua diffusione. L’aspetto interessante è come ciascuno dei fronti venga messo in discussione, come i due punti di vista presentino qualche crepa. Troviamo da un lato uno scettico Gustìn che indaga su fatti ritenuti paranormali, ossia la stregoneria delle masche, dove cerca sempre l’interpretazione razionale ma non gli è sempre facile resistere alle suggestioni scaramantiche; dall’altro lato c’è Laura, ragazza incline alla spiegazione soprannaturale per misfatti di cui è vittima o che accadono attorno a lei, ma a cui è restia ad abbandonarsi del tutto.

In questo forte dualismo, i percorsi di Laura e Gustìn sono in realtà legati indissolubilmente, e la forza del romanzo risiede anche nel riuscire a nascondere il legame fino alle battute finali, lasciando il lettore in balia della suspence.

Ambientazione e personaggi

Risalta subito all’occhio la meticolosità della ricostruzione storica, sotto ogni aspetto: vita quotidiana, politica, mentalità, dall’ideologia ai piccoli gesti. Un grande lavoro di documentazione che rende l’ambientazione vivida, in grado di circondare il lettore. Scene statiche e dinamiche, atmosfere, conversazioni, ciascun momento trasmette il forte connubio di incertezze, speranze e timori spirituali di inizio Settecento.

Un discorso che si può estendere ai personaggi, protagonisti e non, tridimensionali e credibili. Il risultato è più sorprendente se si considera il fatto che l’autore non fornisce quasi mai caratterizzazioni visive, neppure di Laura e Gustìn. L’unico difetto che ho riscontrato è la difficoltà che si incontra nel memorizzare l’ingresso dei vari personaggi: sono tanti e arrivano tutti assieme, nella maggior parte dei casi. Ci si sente come al momento di presentarsi a una comitiva sconosciuta, sai già che ti scorderai ogni nome nel momento stesso in cui stringi le mani. Comunque, complice la rilevanza che ogni nuovo innesto va a ricoprire nella storia, il problema è limitato solo al primo impatto. Poi tutti i volti si impara a conoscerli e apprezzarli, anche perché la “distanza” è nostra alleata: si ha tempo e modo di entrare nelle dinamiche.

Stile e forma

Il romanzo si presenta con uno stile ordinato, particolareggiato, capace di indirizzare l’attenzione del lettore su dettagli diversi in maniera repentina, contribuendo così a mantenere vivo l’interesse. Nonostante il lessico ben ponderato, al confine della ricercatezza, il registro resta fresco e scorrevole. Le varie incursioni dialettali aiutano a calarsi nel dove e nel quando della storia. Si apprezzano in modo particolare i dialoghi, dove il sapore settecentesco si fonde con le esigenze stilistiche moderne: un equilibrio ottimale per la resa di un parlato antico ma fruibile al lettore del ventunesimo secolo.

Giudizio finale

La città delle streghe è un romanzo di fattura pregiata. Ha l’accuratezza di un romanzo storico, la tensione di un thriller e la suggestività del genere fantastico, aspetti che si amalgamano alla perfezione. Non ritengo che voglia comunicare particolari osservazioni o critiche rivolte al mondo di oggi. Il messaggio, se vogliamo, è senza età: la divisione fra ragione e spiritualità c’era allora come c’è adesso, e ci sarà domani. In ogni caso è la vicenda in sé, le peripezie di Laura e Gustìn, a determinare la buona riuscita del testo.

Un romanzo curato e coinvolgente, quindi, e una lettura per tutti. Non bisogna essere appassionati di storico o di fantastico per apprezzarlo, e parlare una lingua universale è senz’altro un traguardo degno di nota.

(Adriano Strinati)

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“La città delle streghe” – Luca Buggio [Comitato di Lettura]