Il 10 maggio 1706 è la data che a Torino tutti aspettano con trepidazione e timore.

Il Duca de la Feuillade raduna le sue truppe a Montanaro presso Chivasso. All’armata che ha trascorso l’inverno nei quartieri della Venaria Reale si aggiungono rinforzi che arrivano da Susa e da Ivrea, formando un unico enorme esercito che inizia la sua marcia su Torino.

La città, come abbiamo visto, non ha trascorso l’inverno con le mani in mano. uno dei cronisti dell’epoca, Francesco Tarizzo, riferisce nel suo “Ragguaglio Istorico dell’Assedio, Difesa e Liberazione della Città di Torino” la capillarità delle opere di rafforzamento:

“Non ostante che si fossero accresciuti e riparati tutti i parapetti, fossa e strade coperte, volle ancora Sua Altezza Reale che si alzassero cavalieri, si fabbricassero rivellini, si raddoppiassero le strade coperte e spalti; e
senza risparmio di spese che si venisse alla costruzione di nuovi ridotti ne’ posti più avanzati e più sottoposti alle minacce del nemico. Diedesi il finimento d’un’ Opera a Corno, d’onde veniva battuta egualmente la parte
eminente e bassa della Val d’occa, e da questa Opera aveva il suo cominciamento un trincerone, che andava a finire verso la Dora; e v’era per custodirlo un ridotto assai capace sopra il canale de’ Molini della Città, e due altri nel mezzo un poco più angusti, che da per tutto fiancheggiavano il sudetto trincerone. Si riserrò tutt’all’intorno il Borgo detto il Ballone con altre forti opere, che costeggiando la Dora mettevano con esso anche in sicuro i Molini della Città. Ed affinché si tenesse il passo aperto de i due ponti della Dora, si pensò a munire le loro teste con diverse opere circondate da profonde e larghe fossa palificate e difese da varj trinceramenti e strade coperte.
Con la stessa applicazione si travagliò per assicurare la pianura di Vanchiglia, che si trova in mezzo a due fiumi la Dora e il Po; e colà si eressero quattro ridotti, che in forma di corona chiudevano tutto quel sito; ed in tal forma rimaneva assicurata la gran difesa che v’ha tra la Porta di Susa ed il Po. E perché restava troppo esposto il Borgo, che giace al di là del Po alle falde della collina, si studiò di cingerlo con un’Opera come a corona di tre bastioni con le sue fossa e palificate; ed era pur anco rinforzata dall’unione che aveva colle fortificazioni, le quali con ingegnosa varietà d’ordine l’una sopra l’altra abbracciavano il Monte, dove v’ha un Convento de’ PP. Cappuccini. Con tutto ciò per esser questo signoreggiato da altre vicine e maggiori eminenze della collina, volle S.A.R. che sopra di ciascuna s’alzasse un Forticello. […] Questi Forticelli furono tutti assieme circondati e legati con una trincera e strada coperta lavorata nella parte inferiore, e questa dalle rive del Po, d’onde aveva il suo principio, andava fin’alla Chiesa de’ Santi Bino e Evasio, e girando attorno la Collina, tornava a finire verso il Po sotto al Convento de’ PP. Cappuccini […]”.

Si può quindi vedere come fu fatto in modo di proteggere tutti i cittadini di Torino, anche quelli che vivevano nei sobborghi fuori dalle mura. L’immagine in testa al post raffigura la mappa della città: ho evidenziato col tratto rosso le fortificazioni realizzate in difesa del Borgo Dora, delle piane di Valdocco, del Moschino in riva al Po e della collina.

Naturalmente la maggior parte delle opere difensive riguarda la Cittadella. Ancora il Tarizzo riporta:

“Vi travagliava indefessamente una grande moltitudine d’Operarj, sì per aumentare le fortificazioni, che per alzare le contraguardie avanti a ciascune de’ bastioni e spalti con aggiunte di bonetti al piede d’esse con le sue comunicazioni; e due di questi si sono principiati e finiti come meglio si dirà, in faccia degli assedianti. Si fecero coprire a prova di bombe diversi alloggiamenti per gli ufficiali e soldati e si cinsero tutte le opere esteriori di palificate, eziandio raddoppiate secondo il bisogno, e se ne sono impiegate in una parte; e l’altra quaranta mila donzine […] ed ecco sotto gli occhi del pubblico la moltitudine di tante singolari idee dell’Avvocato, ed Ingegniere Bertola, il quale unisce con tanto plauso alla Iurisprudenza i pregi dell’Architettura militare”.

Ecco una sezione del fossato che il nemico (proveniente da sinistra) doveva affrontare per raggiungere le mura della Cittadella (fuori dall’immagine, a destra).

Se si considera che il fossato era profondo sei metri, si può immaginare quale impresa fosse per un assediante riuscire a superarlo… oltretutto sotto il fuoco nemico.

Torino è dunque pronta a difendersi al meglio delle sue possibilità. Sarà sufficiente verso un nemico in schiacciante superiorità numerica? Lo scopriremo presto.