Il 13 agosto comincia con la scoperta di una nuova batteria francese di 3 pezzi d’artiglieria che è posizionata di fronte al bastione San Maurizio. Verso mezzanotte difensori riescono a capire che la batteria si trova quasi in corrispondenza di una delle gallerie di mina e la fanno saltare in aria, mettendola fuori combattimento. Quando i francesi tornano a cercare di riparare la postazione, scoprono un buco nel terreno originato dall’esplosione: il buco si apre nella galleria capitale alta della Mezzaluna del Soccorso. Ecco come racconta i fatti il Solaro della Margarita:

“Eccoli entrati, il fuoco si accende da una parte, e dall’altra; sono colpi di pistola, di fucile, di granate, che rimbombano in quest’antro spaventoso. Questo scontro sarebbe durato più a lungo, se il fumo, la puzza, le tenebre non avessero arrestato il furore; ma per colmo di sventura per i nemici, un nostro minatore dà fuoco alla salsiccia [la miccia] e fa scoppiare i due fornelli che rovesciano la batteria nemica [in superficie] così come attrezzi, e minatori, cannoni e cannonieri formano solo una massa arruffata e coperta di terra”.

Sempre il 13 agosto si procede a un’emissione di titoli del Monte di San Giovanni per recuperare le 500.000 lire per pagare le truppe e si delibera una elemosina ai padri minori del Convento della Madonna degli Angeli. Le elemosine, per intenderci, non sono in denaro, ma in qualcosa di altrettanto prezioso: sacchi di barbariato e frumento, da ricavarci il pane.

Le maglie dell’assedio si stringono e il popolo comincia a soffrire la fame. Il Duca è lontano da Torino con la sua cavalleria e il Principe Eugenio è da qualche parte, in arrivo, ma non abbastanza vicino da ispirare serenità nei torinesi.

Il conte Von Daun si consulta con il suo stato maggiore: lo stato delle difese è ancora molto buono, ma preoccupa molto la carenza di polvere da sparo. Il generale scrive al Duca di Savoia un’accorata lettera in cui gli chiede se non sia il caso di intavolare trattative di resa con i francesi, ora che si può farlo da una posizione di forza tale da consentire di porre condizioni favorevoli. Il Duca risponde con parole che suonano come: “continuate a resistere, verrò a soccorso di Torino, dovessi farlo anche da solo”.

Dal lato francese nemmeno immaginano le condizioni in cui versano i difensori e il loro morale è, se possibile, ancora più basso. Il 13 agosto il ministro della guerra Chamillart scrive al generale La Feuillade (che era anche, ricordo, suo genero):
“I nostri cannonieri sono poco abili ed i nostri ufficiali d’artiglieria si fanno attualmente un merito di fare durare a lungo l’assedio. Quelle dei nemici tirano con una precisione incredibile”.

Ci si affida alla speranza. E alla protezione dei santi.

Nell’immagine, una sezione delle fortificazioni tratta dalle Cronache dell’Assedio di Torino di Alberto Virgilio (1930)