Il 19 agosto non è un bel giorno per i difensori di Torino, per i quali comincia a vacillare la speranza, mentre al contrario questa cresce in campo francese.

Ma cominciamo dall’inizio, ossia da poco prima dell’alba. Il Duca di Savoia, dalle sue postazioni di Chieri, fa partire un convoglio diretto a Torino: 400 cavalli carichi di polvere da sparo. La polvere da sparo è infatti diventata un’emergenza alla Cittadella: delle circa 40 tonnellate immagazzinate prima dell’inizio dell’assedio ne rimangono poco più di 7 e mezzo, con una media di 300-350 chili consumati ogni giorno per la difesa. Una difesa giocoforza molto parsimoniosa: il comandante supremo, Von Daun, scrive già l’11 luglio, che se potesse utilizzare i cannoni di grosso calibro “sarebbero già rase al suolo le batterie e i lavori del nemico”. E a luglio il
consumo di polvere era di 500 chili al giorno!

Il Duca è riuscito, negli ultimi giorni di luglio, a far entrare in città quasi 3 tonnellate di polvere. Ma poi le maglie dell’assedio si sono chiuse del tutto anche dalla parte della collina (con colpevole ritardo, vero monsieur La Feuillade?) e a questo punto il problema della polvere da sparo diventa davvero grave.

Eccoci dunque all’alba del 19 agosto. Mentre alcuni cavalieri si spostano a sud est, verso Revigliasco, con l’unico obiettivo di attirare su di sé l’attenzione del nemico (un diversivo), il convoglio cerca di guadare il Po all’altezza della Madonna del Pilone.

I francesi, questa volta, non ci cascano. Il convoglio viene intercettato dal conte di Estaing: 80 cavalieri sabaudi sono morti o feriti, 15 fatti prigionieri, 200 sacchi di polvere rimangono a terra. Dei sopravvissuti la maggior parte batte in ritirata, solo una quarantina riesce a entrare a Torino con il prezioso ma esiguo carico.

Questo episodio ha un valore morale importante. I francesi, oltre che requisire quei 200 sacchi di polvere, “dalli sudetti nostri prigionieri intesero li nemici che Sua Altezza Reale (il Duca) aveva raccomandato agli officiali d’entrare in Torino a qualunque prezzo si sia, e di non lasciarsi intimidire per qualsisia pericolo, essendo la cosa importantissima”. (Giornale dell’Assedio)

Così i Francesi vengono a conoscenza del punto debole dei difensori e trovano fiducia e coraggio: a Torino non c’è abbastanza polvere da sparo per resistere a lungo. Su questa speranza raddoppiano i loro sforzi. I loro minatori scavano due gallerie, una delle quali riesce finalmente a intercettare una di quelle sottostanti la cittadella. Si accende uno scontro ferocissimo tra i minatori dei due eserciti. I francesi vengono respinti. Per adesso…

L’immagine è nuovamente tratta da “la vera storia di Pietro Micca”, pubblicata sul Corriere dei Piccoli nel 1969