Era la mattinata del 24 febbraio 1701. Torino silente ed immobilizzata da una nevicata storica si svegliava lentamente. E con lei, si svegliava anche Elena Matilde.

Come uno squarcio in questo scenario bianco, di fronte all’ingresso di quello che allora era palazzo Provana di Druent, il corpo agonizzante di una giovane e triste donna: questa è la triste storia di Elena Matilde Provana di Druent e della sua leggenda che nacque quel giorno.
Il palazzo che venne ereditato dai benefattori marchesi Falletti di Barolo dalla famiglia Provana è stato teatro di ben due eventi che contribuiscono a quell’alone nero che ha contraddistinto nei secoli la fama di Torino, entrambi con protagonista la figura di Elena Matilde.
La giovane donna era l’erede della famiglia che fece erigere il palazzo all’inizio del 1600 ed era convolata a nozze nel 1695 con il lontano cugino Gerolamo IV Gabriele Falletti di Barolo all’età di ventun anni.
Già il matrimonio, avvenuto nel 1695 nella chiesa di San Dalmazzo,  vide il suo inizio sotto nefasti auspici, nonostante i preparativi delle nozze fossero stati accurati e lunghi. Elena volle indossare a tutti i costi una preziosa collana di perle che aveva chiesto personalmente in prestito della duchessa di Savoia, Anna d’Orleans, moglie del Duca Vittorio Amedeo II.
Era in corso il gran ballo del ricevimento, quando senza preavvisi, l’enorme scalone a tenaglia collassò in uno scenario catastrofico. Per quanto incredibile non vi furono vittime o feriti, ma la collana di perle sparì come se si fosse volatilizzata. La vicenda, che sembra avere le più fantasiose caratteristiche di un giallo, si risolse il giorno seguente dopo numerose ora di ricerca. Il gioiello apparve scavando tra le macerie e venne quindi restituito alla duchessa. Sul matrimonio tuttavia gravava già un’ombra oscura.
Non passarono molti anni e il padre di Elena Matilde, il conte Giacinto Ottavio, ordinò di fatto la fine del matrimonio, costringendo la donna a ritornare al palazzo. Il motivo di questo volere pare fosse dovuto all’impossibilità del genitore di pagare la dote, all’epoca fondamentale per ogni unione matrimoniale. I debiti di gioco del marchese erano ormai una piaga che si allargava fino al triste destino della figlia.
La donna non poté più vedere il marito e i tre figli, fatto che la portò velocemente a una profonda depressione e alla conseguente pazzia: il suo dolore culminò la mattina del 24 febbraio 1701, quando si lanciò dal piano nobile dell’edificio in una Torino che si svegliava lentamente silente e immobilizzata da una nevicata storica.
La coltre di neve non bastò ad attutire la violenza dell’impatto col terreno. Fu chiaro fin da subito, a chi cercò di soccorrere Elena Matilde, che non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Venne portata all’interno del palazzo e adagiata sulla panca di fredda pietra accanto al portone d’ingresso, ancora oggi la si può vedere sul lato sinistro dell’atrio, e qui spirò.
llpalazzo cambiò nome e nacque anche la leggenda del fantasma di Elena che vaga in modo irrequieto, con la camicia imbrattata di sangue, dall’atrio alle stanze del piano superiore alla ricerca del marito e dei figli. Altri affermano che il fantasma non sia mai visibile ma nelle notti di luna piena si possono udire dei passi che partono, sempre, dalla panca in pietra dove fu adagiato il corpo e dove spirò fino alla stanze del piano nobile.
(Maria Marques e Eliana Corrado)