Rocco di Montpellier, vissuto nella seconda metà del 300 e canonizzato come San Rocco, è stato forse il santo più invocato, nei secoli successivi, come protettore dal temutissimo morbo della peste (di cui in vita si ammalò, mentre assisteva gli infermi, e da cui guarì miracolosamente).

Anche a Torino il culto di San Rocco era piuttosto diffuso, ma fu negli ultimi anni del 1500, a fronte dell’incombere di una nuova pestilenza sulla città, che alcuni cittadini fondarono su concessione dell’arcivescovo la Confraternita di San Rocco Morte e Orazione. Si stabilirono nella la cappella della Madonna delle Grazie della parrocchia di San Gregorio, all’angolo tra le attuali vie Garibaldi e via San Francesco d’Assisi, proprio di fronte alla torre del Comune (che si chiamava infatti torre di San Gregorio).

La Confraternita ebbe un grande successo e in molti vollero entrarne a fan parte, tanto che fu necessario ampliare i locali della cappella e ricostruire un nuovo edificio nel 1617. Il fatto che a progettarlo fosse addirittura l’ingegnere dei Savoia, Carlo di Castellamonte, lascia intendere quanto importante e diffuso fosse il culto di questo santo in città. La nuova chiesa (perché a questo punto chiamarla cappella sarebbe stato riduttivo) sorgeva accanto a quella di San Gregorio, tanto che avevano la facciata in comune.

Nei cinquant’anni successivi i rapporti tra i preti di san Gregorio e i confratelli di San Rocco andarono via via deteriorandosi, al punto che fu necessario l’intervento della congregazione comunale, che concesse alla Confraternita tutto l’isolato, e il patronato della chiesa di San Gregorio. Nel 1667 le due chiese venivano dunque ricostruite in una sola più ampia, prendendo altro spazio dalle case vicine acquistate dai rispettivi proprietari. I lavori andarono avanti ‘a spizzichi e bocconi’ perché le numerose guerre con la Francia non rendevano particolarmente facile il reperimento di fondi (che spesso erano costituiti da donazioni di ricchi privati), e terminarono solo nel 1780: la chiesa a quel punto aveva praticamente lo stesso aspetto di oggi.

I confratelli di San Rocco avevano il compito di seppellire i cadaveri abbandonati, e non solo in periodo di pestilenza. La Torino dell’epoca era un posto non tanto sicuro, e spesso venivano trovati dei morti nei vicoli o sulle sponde dei fiumi. MNel 1638, inoltre, la Confraternita ottenne dalla Madama Reale la cosiddetta “nomina di morte o galera”, ossia la facoltà di liberare dalla pena un colpevole di qualunque crimine, a patto che questo crimine non fosse di lesa maestà, falsa moneta o omicidio premeditato. I rei, in cambio di questo privilegio, pagavano somme considerevoli sotto forma di elemosine. Riusciamo a immaginare dunque come la Confraternita fosse diventata piuttosto ricca. Questa abitudine fu poi ritenuta contraria alla giustizia, quindi abolita ingenti donazioni dai Savoia e ne trasformarono l’aspetto con una robusta ristrutturazione. Un’altra ristrutturazione, a fine Ottocento, modificò del tutto anche l’interno della chiesa.

L’immagine in testa al post è tratta dal sito di Museo Torino.