“La città delle streghe” è un romanzo gotico/thriller ambientato nella Torino a cavallo tra 1600 e 1700; il libro segue le vicende di Augusto “Gustìn” Graziadei, ex piccolo criminale assoldato dal conte Gropello come spia, e Laura Chevalier, una ragazza proveniente da una famiglia di profumieri che si trasferisce da Nizza alla capitale sabauda per sfuggire alla guerra e fare fortuna.
Mentre sullo sfondo la città si prepara all’arrivo dell’assedio delle truppe francesi, i protagonisti fanno i conti con dei delitti misteriosi: mentre Gustìn indaga in Val di Susa sulla morte di un brigante, la cui colpa viene attribuita a una masca (una strega), Laura, in seguito a varie perioezie e rovesci di fortuna, scopre un risvolto inquietante della città di Torino, dove i delitti dell’”Assassino del Coltello” vengono attribuiti dal popolino al Demonio, che viene chiamato “l’Uomo del Crocicchio”.
Le due trame si incrociano fino a sfiorarsi, ma rimangono su due binari separati, dando così occasione all’autore di imbastire una trama complessa e articolata.

Il romanzo è scorrevole, avventuroso e molto suggestivo: i protagonisti sono ben delineati e nella loro contrapposizione (Gustìn ostinatamente razionale e contrario ad ogni concessione al mistico, Laura invece insidiata da presenze paranormali e inaspettate capacità) sembrano impersonare sia il cambiamento di mentalità nel passaggio dal secolo dell’Inquisizione a quello dell’Illuminismo, sia le due anime della città di Torino attuale (realtà industriale ma anche luogo inquietante in odore di magia nera).
L’elemento paranormale viene introdotto a poco a poco nella narrazione, lasciando al lettore fino all’ultimo la possibilità delle due chiavi di lettura.
Anche i dialoghi sono realistici e incalzanti, e, nonostante si parli di vicende di guerra e di criminalità e perciò inserite in un contesto piuttosto crudo, l’autore non scade mai nella rappresentazione grafica della violenza, limitandosi a suggerire i fatti al lettore, cosa che negli ultimi tempi sembra andare poco di moda e che personalmente ho apprezzato moltissimo.
Ma l’elemento che mi è piaciuto più di ogni altro è senza dubbio l’ambientazione: la città e il Piemonte dei primi del Settecento sono descritti con minuzia e realismo, in modo talmente avvolgente e vibrante da rendere la città essa stessa protagonista; questo si vede non solo dalle descrizioni della Città Vecchia e della Città Nuova e nel contrasto tra la maestosità dei palazzi nobiliari e il degrado dei borghi più poveri, ma anche da dettagli come i cognomi della tradizione piemontese, i soprannomi dei piccoli criminali, le differenze tra il piemontese cittadino e la parlata occitana che troviamo nei personaggi nel Colle di Tenda, le superstizioni della campagna tra i monti della Val di Susa, e persino nella mentalità dei personaggi (ad esempio il non parlare direttamente del diavolo ma dargli un soprannome inaspettatamente confidenziale, che mi ha ricordato la tradizione piemontese di riferirsi alla Morte come alla “Catlìna”, Caterina).
Ci sono moltissimi romanzi ambientati a Torino, e personalmente (da piemontese) mi è capitato spesso di rimanere delusa, trovando l’ambientazione fasulla o imprecisa: questo pericolo è completamente sventato ne “La città delle streghe”, dove l’atmosfera e lo spirito della città sono rese in modo autentico e appassionato.

In conclusione, consiglio questo romanzo sia a chi ama leggere romanzi gotici o paranormali, sia a chi apprezza una fedele ricostruzione storica.

(The Mantovanis Blog)

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Recensione de “la città delle streghe” di Luca Buggio